BIOGRAFIA ARTISTICA

Formazione
La mia formazione non ha seguito le vie canoniche degli studi che preparano gli operatori dell'arte. Sollecitata fin da bambina dagli insegnanti di disegno a coltivare il mio talento, da adulta mi sono affidata di volta in volta a corsi tenuti da pittori/pittrici che le vie canoniche avevano seguito. Alcuni si sono rivelati cattivi maestri. Una, ottima.
E fu lei ad essere decisiva per la mia scelta definitiva di praticare l'arte della pittura....

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Francesco Amadori

Francesco Amadori

Francesco Amadori

Scritto dall’artista Francesco Amadori (nella foto un suo autoritratto) per Marian Comotti

“Il sito di Marian Comotti documenta e porta a conoscenza una attività di pittura quasi trentennale.

I primi lavori mostrati dalle fotografie che corredano il sito ci narrano di una attività artistica che parte nel 1995 mostrando fin dalle origini una personalità già definita sia nelle tematiche che nel linguaggio, si tratta di 30 anni di ricerca, come la stessa artista ci dice nel descrivere la storia del proprio percorso artistico, caratterizzati da una evoluzione costante ma con una capacità di comunicazione del mezzo visivo ben costruita fin dagli esordi.

Nel sito di Marian, che poi è questo nel quale questi miei appunti verranno riportati, trascritti, ogni opera fotograficamente e cronologicamente segnata porta un titolo e viene brevemente descritta dalla stessa artista, in modo da rendere edotto l’osservatore delle ragioni che l’opera e l’artista si prefiggono di narrare, comunicare.

Ma voglio essere sincero, per una persona attenta ai ” fatti del mondo ” e dotata di spirito di osservazione queste spiegazioni diventano pleonastiche perché nei quadri, a mio avviso, tutto è già chiaro.

Così chiaro, come e del resto è compito essenziale ed imprescindibile dell’arte stessa, che la osservazione attenta e profonda delle singole opere e del loro insieme mi induce a fare una ” critica “, anzi ” la critica “, a quell’altra narrazione che Marian Comotti fa, sempre nel sito, del percorso intrapreso dagli esordi fino alle ultime opere.

In sintesi Marian Comotti sostiene che la traccia di questo percorso sia quella del passaggio da una pittura con evidenti connotazioni realistiche ad uno stemperamento della componente realistica all’interno di una visione simbolica ed anche astratta al tempo stesso che man mano diventerebbe l’intenzionale medium poetico di approdo.

In effetti questa intenzione appare quasi dichiarata nella evidenza delle opere stesse ma…e c’è un ma e questo ma è il senso che raccolgo dalla osservazione di tutto ciò, opere e narrazione delle opere da parte della stessa artista.

A mio avviso invece il tema costante, ricorrente di tutte le opere, dai primi agli ultimi passi, è la descrizione di un volto femminile, spesso nella forma di autoritratto.

Sì ogni opera di Marian è sostanzialmente un ritratto e, soprattutto, ritratto di donna tranne rarissime eccezioni, e ciò con costanza fin dai primi quadri per arrivare agli ultimi.

E vero il ritratto non ha le modalità a noi note del realismo ma quelle dello ” stile “, quella cosa conclamata soprattutto al sorgere dell’Art nouveau e che qui non sto ad approfondire per non aprire un capitolo interminabile, quella cosa esercitata mirabilmente da Marian in ogni suo lavoro che fonde volto e corpo, figura e sfondo in un arabesco quasi astratto che tutto permea.

Per inciso un arabesco tracciato da linee che chiudono e separano campiture di colori che mi ha portato, per associazione, ad accostarlo alla tecnica delle vetrate delle chiese gotiche con quelle separazioni attuate con le linee formate dallo stagno che tiene assieme le varie parti delle vetrate e che diventano esse stesse parte della trama disegnata.

Ma, come dicevo, non mi lascio ingannare, quei volti, e soprattutto i volti, non i corpi o lo sfondo, alias ” contesto ” hanno di volta in volta un nome preciso, il nome della donna che li porta, la donna che veste il tema del quadro, il titolo del quadro, quella è proprio lei, una donna.

Non so se ciò corrisponda ad un vero realismo ma sta di fatto che nei volti le figure escono dal simbolo che vorrebbero e forse dovrebbero incarnare od illustrare e diventano sé stesse, donne con un nome ed una storia segnata nel volto.

E a dimostrazione di questa mia tesi basti osservare che mentre le linee che attraversano i corpi hanno percorso ” astratti ” ed od ” astraenti “, quelle che entrano nei volti si fanno più complesse e sinuose, dettagliate fino al tormento talvolta , soprattutto quando la comunicazione è quella del dolore, sono i volti così ben approfonditi a conferire un sentimento alle pitture, sentimento che il simbolismo conduce  invece ad una dimensione se non proprio astratta quantomeno  generalizzante, distante dalla accidentalità del reale, dell’osservato.

E qui introduco un altro inciso sempre evocato dall’osservazione delle pitture di Marian Comotti e dei temi delle stesse, mi riferisco in particolare alle stagioni che Marian associa agli stati d’animo , si tratta evidentemente di una intenzione simbolica, come avvenne nelle sculture che adornavano le porte delle chiese medioevali in tutta l’Europa , in quel caso i mesi e le stagioni erano associate ai mestieri dell’uomo legati ai ritmi delle stagioni e della campagna, ebbene anche in quel tempo a noi lontano l’intenzione simbolica fu sempre accompagnata dalla narrazione in modalità realistica, sia per una necessità di comunicazione sia per una cultura strettamente legata alla terra ed alla natura.

Assisteremo nelle storie scolpite medioevali dei mesi e dei mestieri ad infinite varianti ed oscillazioni fra i due poli della generalizzazione e del dettaglio, del simbolismo e dell’osservazione del reale…… ma il reale, il realismo, anche nella forma della razionalità della percezione resterà il filo conduttore, anzi in quel caso di emancipazione dalla visione teocratica del medioevo.

Ecco ho fatto un dispetto all’amica Marian, cercando di vedere o vedendo ciò che lei nega, ma l’amico od il critico talvolta mette i panni dello “strizzacervelli ” nel tentativo di vedere oltre od in modo più distaccato l’opera di chi e da chi ne è coinvolto in prima persona come l’artista stesso, non sempre, come si dice, “si azzecca “, ma il tentativo va fatto.”

Francesco Amadori